Il valore complessivo dell’industria farmaceutica in Italia è il più alto in relazione al Pil rispetto a quello riscontrato negli altri paesi europei: l’8% del totale nel 2018.
A questo, va aggiunto il cambiamento generato dalla legge sulla concorrenza, che ha di fatto liberalizzato la proprietà delle farmacie, generando uno scenario che al momento conta circa 400 farmacie detenute da società di capitali, con un fatturato di 700 milioni. Sostanzialmente,ad oggi, il 2% delle 19 mila farmacie italiane è sotto il controllo di queste grandi società.
Numeri che potrebbero crescere secondo le stime recenti fino a configurare uno scenario in cui la quota complessiva detenuta da società di capitali potrebbe giungere fino al 10% del totale.
Uno scenario simile, si configura come propedeutico all’entrata di grandi player nel settore, come la catena Boots, che proprio pochi giorni fa ha inaugurato la sua sesta farmacia a Milano in zona Duomo, che si aggiunge a una presente anche a Roma.
Anche per Marco Cossolo, Presidente di Federfarma, questo è un fenomeno ormai in atto e non sarà possibile tornare indietro. Purtuttavia, come ribadito dal numero uno dei farmacisti italiani, la strada
in questo senso è appena iniziata e proprio per questo sarebbe importante porre degli aggiustamenti a livello normativo che possano agevolarla al meglio, come ad esempio un intervento legislativo che possa migliorare la trasparenza riguardo alla composizione del capitale sociale.
L’Italia, quindi, dopo le recenti riforme in materia di liberalizzazioni nel settore farmaceutico arrivate negli ultimi anni, ha adottato un sistema misto, da un lato più liberalizzato rispetto a quello di altri paesi europei, mentre dall’altro, ha tenuto attivi alcuni presidi regolatori o limiti stessi alla costruzione di catene di farmacie private.
Questo giusto mix si attesta come una giusta modulazione tra apertura al mercato e alla concorrenza e mantenimento di alcuni paletti, come ad esempio,quello sulla distribuzione equa sul territorio di presidi farmaceutici, che eviti l’eccessiva concentrazione di essi nei presidi più ricchi, sfavorendo le aree periferiche. Un percorso, che testimonia un approccio intrapreso condivisibile,soprattutto se si considera come la competizione indotta, stia generando un incremento riscontrabile a livello empirico sia dei punti vendita che dell’efficienza dei servizi offerti.
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